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Com'è triste Venezia...

Premessa: il post ha la data del 2 giugno 2006, era allora che doveva essere pubblicato. In quel frangente, purtroppo, la piattaforma Blogspot aveva un malfunzionamento relativo all'inserimento delle immagini e ve l'immaginate un post su Venezia senza immagini? Sarebbe come i maccheroni senza il cacio, come un cielo senza le stelle e come l'amore eterno senza due amanti che lo interpretino, bene o male che sia... Ma torniamo alle cose serie!
Qui dovete ringraziare Francois Dorin (l'autore), Mogol (il traduttore) e Charles Aznavour (il magnifico interprete) per questo post che butto giù di ritorno da una città che ho visto tante volte, ma che non smette di trasmettermi quelle sensazioni a cui sono notoriamente avvezzi i fessi come me. Sapete, le solite cose, un misto tra incanto e tristezza, la sensazione di sentirsi soli nonostante la folla che l'attraversa tutti i giorni. E poi le gondole, quelle stranissime imbarcazioni che continuo a chiedermi come facciano a navigare dritte nonostante ci sia un solo remo. Vabbè, questa volta ci sono andato per lavoro, quindi ho dovuto fare un mordi e fuggi con la mia fidata dsc-t1, da cui mi separo il meno possibile per non perdere la possibilità di fissare qualche attimo in una memoria che sia meno labile della mia. Da perfetto sudista, essendo partito con 28 gradi di temperatura, ho portato con me il minimo del bagaglio possibile e, addirittura, un paio di magliette molto estive... La sorpresa è cominciata già a Bologna (altra stazione a cui dedicherò qualcosa, prima o poi), sotto forma di un gelido vento da nord che mi ha d'improvviso ricordato che sono *veramente*un fesso. Come dicono di solito le mamme? "Portatela una maglietta pesante, non si sa mai...", un consiglio vecchio come il mondo, un po' come dire: "stai attento per la strada", anche se vai in treno e anche se oramai hai viaggiato in lungo e in largo per anni. Bene, sono arrivato a Venezia come il più sprovveduto dei viaggiatori della Domenica, battendo i denti e pregando di trovare l'albergo al più presto. Fortunato, almeno in questo. Il posto era lì vicino e mai meta mi è sembrata più agognata, stanza comoda, tiepida e con quel calore finto e artificiale, ma utile, che solo le stanze d'albergo di un discreto livello possono regalarti. Devo dire che anche la hostess che accoglieva gli ospiti era carina? Va bene, l'ho detto, ma era un dettaglio, niente di torbido, un grazioso complemento di queste solite 72 ore di permanenza che quando c'è non guasta, soprattutto quando al piacevole aspetto si aggiunga una grande professionalità. Beh! torniamo alle cose serie. Come al solito mi sono riarrangiato la stanza per adeguarla ai miei schemi mentali, contando sulla inefficienza o sulla discrezione del personale addetto alle pulizie. Ho sistemato il portatile, ho mandato i miei sms di rito e anche quelli non di rito. Ah! Gli sms, che belli, come si faceva quando non c'erano? Io ho passato oltre metà della mia vita senza di essi, e sono straconvinto che il corso di alcuni eventi sarebbe stato probabilmente diverso se avessi avuto a disposizione questo elementare sistema di comunicazione. Alla fine delle solite capriole mentali in cui mi diletto ogni volta che metto piede in un altro albergo, e dopo il consueto disfacimento della valigia con la conferma che avevo solo materiale "estivo", ho preso la decisione di uscire al freddo per arrivare fino alla solita piazza S. Marco. Ci si deve andare per forza, è un po' come andare a Roma e non vedere il Papa, andare a Liverpool e non vedere il museo dei Beatles, andare a Skopje e non vedere... (boh! non ricordo ci fosse qualcosa da vedere, lì), ma come ci si va, in linea retta? Certo che no, non è da me. Che faccio, ho l'opportunità di perdermi per i vicoletti e le calli di Venezia e butto al vento quest'occasione? Detto fatto, lascio la piantina in albergo ed esco tutto felice come il bambino a cui hanno promesso la bicicletta perchè è stato bravo a scuola. Sensazioni? Quelle solite, quelle che ho vissuto centinaia di volte in altre città sconosciute, quelle che mi aspettavo di vivere in una città triste come solo questa è in grado di essere, che si porta dietro un destino di affondamento su cui ha basato una buona parte della sua fama (Venezia che muore), ma un destino che non si avvererà mai, come quello della torre di Pisa, che non cadrà mai. Forse che l'interpretazione di uno dei motivi per cui i turisti vanno a Venezia dipenda anche da questo, cioè dal dubbio che non ci sia un'altra occasione per visitarla di nuovo? Non sta a me dirlo, non posso fare scuola di una mia personalissima, forse erronea (e biased come direbbero gli anglofoni) sensazione, ma qualcosa posso aggiungerla. Spesso si corre dietro le cose quando si ha la sensazione di non avere altre opportunità, in futuro, di raggiungerle e forse è questo in qualche caso il modo giusto di affrontarle, soprattutto perchè, come diceva Fossati, "il tempo cambia andando via" e non si sa come cambi, non si sa se i piccoli cumuli di sabbia che ti separavano da un luogo a te caro siano poi diventati delle dune insormontabili che ti tologono anche la possibilità di dare uno sguardo a ciò che vedevi tutti i giorni. Sembra triste quello che scrivo? No, non vorrei che ci fosse solo quello, ma l'accoppiata viaggio-in-treno e visita-a-Venezia per uno come me è sufficientemente distruttiva. Ma non c'è problema, ci sono abituato e uso questi momenti a mo' di catapulta, come fionda gravitazionale per fare un bel salto nei giorni successivi. Comunque la meta l'ho raggiunta, la piazza è sempre qualcosa che vale la pena di vedere, insieme al ponte di Rialto e al turbinio di turisti che faranno anche confusione, ma vedendoli ti fanno venire in mente che, almeno loro, abbiano trovato quello che cercavano, almeno per oggi...
Com'è triste Venezia... La conoscete la canzone, vero? Lo so, dovete avere almeno 40 anni per ricordarla bene, ma come al solito Google fa miracoli. C'è un motivo, almeno in quel caso, che giustifichi la tristezza di quella città. Quasi quasi faccio come il Guru... "vado un attimo di là, scusate" (op. cit.), vado ad annegare un po' di farfalle... ma dubito di riuscirci, sono toste quelle bestiacce.

Commenti

Anonimo ha detto…
mi c'e' venuta un po' di voglia, di Italia
Anonimo ha detto…
Io sono uno dei pochi a cui Venezia non mette tristezza. Mi piace un sacco, ma non è stato amore a prima vista: l'ho amata davvero solo quando l'ho "abitata" assieme a degli amici di famiglia veneziani di venezia. E ormai la amo, non più turista e non ancora abitante...
Anonimo ha detto…
io la canzone COM'è TRRISTE VENEZIA la consoco bene..da buon giovane antiquato..quale sono e fui:-)
Anonimo ha detto…
Venezia fu un'esperienza deprimente quando la visitai la prima volta. Ero molto giovane e incapace di farmi sorprendere dal bello, mi sentivo affonfare, mi sembravo alla deriva persino nel letto dell'albergo fin de siecle in cui allogiavo. Sono tornata a Venezia per il mio compleanno di qualche anno fa e l'ho riscoperta, capita, amata. Ci sono tornata ancora sul finire dell'estate di 3 anni fa e poi l'ho continuata ad ammirare solo nelle vedute di Canaletto. Certo, ora che sono in esilio capisco bene perche' piace tanto agli inglesi...

P.S. La canzone di Asnavour la conosco, data la mia vetusta eta', di cui non mi vergogno

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