Passa ai contenuti principali

Avvitamenti e svitamenti

Beh, mentre ero ancora in volo speravo che il pilota di questo pezzo di ferro avesse, per quanto possibile, meno fantasia di me e, soprattutto, di molti noi. Anche perché mi sento ancora troppo giovane per fare l’ultimo viaggio. Si, lo so, qualcuno direbbe che non si è mai troppo giovani per alcuni tipi di viaggio, ma quello mio era un interesse altruistico dovuto alla presenza con me di un paio di centinaia di persone che non conosco, ma che in fondo mi stanno simpatiche e vorrei davvero che arrivassero sane e salve a destinazione. Soprattutto perché non c’è sempre un soffio di vento sufficientemente forte da sostenere il peso di ciò che si avvita o di chi si avvita. Il rischio è reale, è lo stesso motivo per cui con gli anni si impara a guardare giù e a guardare davanti. Forse lo facciamo un po’ troppo spesso, su quello potrei essere anche d’accordo, ma è un po’ quello che si insegna ai bambini piccoli, lo sapete, no? D’altra parte chi di noi non ricorda gli avvertimenti della mamma o del papà: “guarda davanti” e “guarda dove metti i piedi”. E noi no, noi imperterriti a guardare in alto le foglie degli alberi – “guarda, sono verdi (o gialle, ecc.) – il cielo – “guarda, le stelle! Che belle che belle!” - oppure – “guarda! Guarda! Che cos’è quella cosa grande grande che vola lassù?” – e via discorrendo. E si fantastica, si ride, si è felici, finche, ad un tratto arriva un qualcosa che sbuca apparentemente dal nulla che di colpo ci riporta sulla dura terra spesso in maniera alquanto dolorosa. Che cosa? Un palo della luce (sui cui fili magari stavamo ammirando le rondinelle che ripartono per il Sud), un pezzo di strada sconnessa oppure un gradino malefico, di quelli che sembrano materializzarsi all’improvviso. Lo so, può sembrare un po’ triste e pallosa ‘sta cosa, ma è così, nulla si è di colpo materializzato, era già tutto lì, questo forse è il motivo per cui lentamente, con l’esperienza, con gli anni, “crescendo” impariamo a guardare un po’ meno verso l’alto e a stare un po’ più attenti a dove mettiamo i piedi. E’ vero quello che dissi qualche tempo fa, ma vale la pena di ricordare che “in un soffio molto spesso si vola (ma non sempre) e volare solitamente è bello (ho detto solitamente, non sempre)...”
Comunque far passare tranquillamente le 10 ore che mi separavano da questa amena destinazione non era cosa facilissima, con gli anni il sacro timore che ho dei cieli al di sopra delle nostre teste è andato aumentando e, ovviamente, come tutte le cose negative che ci portiamo dietro, non potrà che ulteriormente peggiorare. Stavolta ho usato un sistema diverso per non pensarci, soprattutto quando i minischermi davanti ai sedili fornivano informazioni tecniche invece delle solite polpette a base di film visti e rivisti e/o di messaggi pubblicitari più o meno occulti. Ho usato un sistema relativamente semplice che consiste nel portarsi dietro un discreto quantitativo di fogli bianchi da riempire con tutto quello che viene in mente. Bene, non so se terrò quei fogli con me, forse li butterò via con il loro contenuto di periodi completi (qualcuno è scritto già qui), elementi di brainstorming dilettantistico (Covey, perdonami!), qualche scarabocchio riepilogativo, e un discreto quantitativo di frasi sconnesse legate alla mia vita o a quello che mi veniva via via in mente. Per fortuna il tizio che sedeva vicino a me non era italiano e, ancor più fortunatamente, beato lui, è riuscito a farsi almeno 7 ore di sonno infischiandosene del tutto dei pasti (e ha fatto anche bene!), di quello che le solerti e indaffaratissime hostess offrivano di tanto in tanto e persino delle hostess stesse. Solito finale, comunque, con la riduzione della velocità, l'apertura del carrello e degli ipersostentatori e tutto il resto di un atterraggio perfetto come quasi tutti gli altri. Mi hanno detto che in fondo il pilota c'entra poco, che oramai fanno tutto gli strumenti di controllo. Io non credo che sia così, continuo ad essere convinto, e forse è questa è una parte delle mie paure, che almeno per qualche momento la vita di noi ignari paasseggeri dipenda totalmente da chi ha le mani sugli strumenti. E non c'è niente di più fallace del giudizio e del pensiero umano.
Comunque dai, non disperate. I fogli sono qui con me, non dovrò fare altro che ripetere il solito rito della catalogatura, scannerizzazione e conservazione di ciò che ho scritto, immaginandone un giorno una rilettura possibilmente più serena.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le scarpette al chiodo

Queste sono le classiche scarpette-appese-al-chiodo , a dimostrazione della volontà di non giocare più a calcio. Ma lo sanno quasi tutti che questo modo di dire è oramai utilizzato un po' per tutti i casi in cui qualcuno ha deciso di mettere la parola fine ad una qualche attività, piacevole o no, in cui era impegnato da lungo tempo. In genere è una frase che viene intesa come un qualcosa di definitivo, nel senso che chi appende le scarpette al chiodo, ad esempio, non giocherà più a calcio. A volte però potrebbe esserci un significato meno drastico e a tale proposito penso sempre ad alcuni giocatori professionisti che ho avuto modo di conoscere, seppur superficialmente. Questi adesso continuano a giocare tra amici, guadagnando sicuramente meno, ma divertendosi di più e utilizzando, forse, scarpette diverse da quelle che avevano appeso. Provo spesso a fare mia questa seconda interpretazione del modo di dire di cui parliamo, interpretandolo in modo meno negativo e pensando che un'

Acqua alle papere

Uno dei modi migliori per buttare il proprio tempo è quello di andare in un parco pubblico provvisto di laghetto, con una buona scorta di pane avanzato o di biscotti. Poi basta solamente sedersi sullo steccato o su una panchina e tirare nell'acqua, molto lentamente, i pezzetti di pane o i biscotti, osservando le varie specie di volatili che si avvicinano, ovviamente ben felici della (per loro) grazia di dio che proviene inaspettatamente e senza fatica. In tutto questo si possono anche notare alcune variazioni sul tema, ad esempio possiamo notare che le oche (con il becco a punta), in genere, sono più rapide ad arrivare. Le anatre (quelle col becco appiattito, tipo "paperino") arrivano più defilate e timide e cercano di beccare qualcosa prima che le oche, solitamente più aggressive, le attacchino. Ci sono poi i cigni, con il loro movimento elegante e regale che non disdegnano un fugace e superbo passaggio, tanto per non essere da meno. Ci si possono passare anche pomerigg