Il titolo di questo post era quello a cui pensavo mentre lentamente risalivo il fiume, dopo la pseudo-avventura descritta nello scorso post. Lo so che sembra banale, in fondo chi è andato un po' per mare ha vissuto paure ben più grandi e, alla fine, avevo la possibilità di chiedere soccorso e, comunque, la scogliera era abbastanza vicina. Al massimo avrei danneggiato la barca e l'unico problema sarebbe stato quello di mettere mano al portafoglio. Però mi sono reso conto del pericolo a cui mi ero esposto solamente nel momento in cui tutto era tornato alla normalità, tranquillamente seduto davanti al timone e con una sigaretta accesa come unica compagnia. In quella situazione mi son tornati in mente un po' di fatti accaduti nella mattinata e nei giorni precedenti, di lavoro, di svago o semplicemente casuali. Gran bella cosa un mare agitato e spaventoso, può aiutarti ad apprezzare alcune cose a cui ti dedichi tutti i giorni, ma che a volte vedi passare rapidamente, a volte senza avere neanche il tempo di apprezzarne le sfumature. Certo, mi direte voi, dobbiamo tutti correre, al giorno d'oggi. Chi si ferma un po' a meditare e a metabolizzare un po' di più gli eventi che accadono o chi perde tempo a guardare il prossimo, fosse anche uno sconosciuto, non solamente negli occhi, ma cercandone i pensieri, i sentimenti e le preoccupazioni, butta il proprio tempo. Lo confesso, sono uno che a volte butta il suo tempo, mi fermo a guardare un gruppo di bambini che giocano a pallone o ad acchiapparello e, se mi capita, faccio un po' di chiacchiere "inutili" con le persone che incontro anche per caso oppure mi siedo su uno scoglio (qui ce ne sono tanti) a guardare lontano tanto per farlo, non per immaginari desideri di viaggi o di fughe. Potrei sembrare vuoto e fannullone, in questo, ma cosa saranno mai l'inutilità, la vacuità o l'aridità? La mancanza di un risultato in seguito al lavoro che dovremmo fare? Penso che l'inutilità sia un concetto che dovrebbe essere riservato alle *cose* inutili. Le persone non possono essere inutili, per definizione. E' facile arrivare a sentirsi tali, però. L'analogia è quella di un campo in cui crescano solamente erbacce o che, addirittura, diventi una spianata desertica. Di chi è la "colpa", del campo?
Queste sono le classiche scarpette-appese-al-chiodo , a dimostrazione della volontà di non giocare più a calcio. Ma lo sanno quasi tutti che questo modo di dire è oramai utilizzato un po' per tutti i casi in cui qualcuno ha deciso di mettere la parola fine ad una qualche attività, piacevole o no, in cui era impegnato da lungo tempo. In genere è una frase che viene intesa come un qualcosa di definitivo, nel senso che chi appende le scarpette al chiodo, ad esempio, non giocherà più a calcio. A volte però potrebbe esserci un significato meno drastico e a tale proposito penso sempre ad alcuni giocatori professionisti che ho avuto modo di conoscere, seppur superficialmente. Questi adesso continuano a giocare tra amici, guadagnando sicuramente meno, ma divertendosi di più e utilizzando, forse, scarpette diverse da quelle che avevano appeso. Provo spesso a fare mia questa seconda interpretazione del modo di dire di cui parliamo, interpretandolo in modo meno negativo e pensando che un'
Commenti
Sorrisi serali e una carezza.
Non ho molta pratica con msn e similari non credo di avere neanche un account (qualche volta ho usato yahoo e, in tempi remoti, IRC), ma vedrò di provare più tardi, quando sarò davanti al mio buon vecchio PC... sono nostalgico anche in queste "modernità".
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